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La 'categoria' dell'invalidità è messa in crisi dall'introduzione di forme di nullità che appaiono prima facie preordinate a tutelare interessi individuali e che si discostano dalla normativa codicistica. Dagli studi della dottrina e dagli interventi della giurisprudenza traspare il disagio dell'interprete nel coordinamento delle 'nuove' forme di nullità con il sistema classico. Ne deriva la tendenza a qualificare le nullità di protezione ora come tertium genus di invalidità, dotato di un proprio ed invariabile statuto normativo, ora quali 'deroghe', ammissibili, pur nella loro eccezionalità, nel quadro codicistico. Dietro la definizione di 'nullità di protezione' si celano, tuttavia, vicende contrattuali differenti, interessi eterogenei e plurimi scopi di tutela. Da qui il tentativo di tracciare i contorni della disciplina applicabile a partire da una valutazione in concreto degli interessi da tutelare, senza prescindere dalle norme dettate dal codice civile, le quali si prestano sovente ad essere interpretate in maniera adeguatrice rispetto ai valori da attuare.